Fotografia
dei peli urticanti dell'Ortica
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Introduzione
Recentemente per sostenere un esame di Erboristeria e Fitoterapia ho redatto una tesina avente per oggetto i peli urticanti dell'Ortica. Con la tesina intendevo illustrare e documentare fotograficamente il meccanismo con cui l'Ortica si difende utilizzando i peli urticanti. In modo particolare, mi proponevo di produrre una serie di fotografie attraverso le quali descrivere le fasi del meccanismo di urticazione. Inoltre, intendevo proporre una personale considerazione su come nell'Ortica la distribuzione dei peli urticanti non sia casuale ma risponda a precise strategie di difesa.
Un estratto della tesina era stato pubblicato sul sito Stelle degli Iblei (mi ripropongo di inserirlo anche in questa pagina), invece qui voglio descrivere le tecniche che ho usato per fotografare i peli urticanti.
Prima, però, voglio fare una breve e doverosa descrizione del meccanismo di urticazione.
I peli urticanti sono peli ghiandolari vivi che si sono evoluti in modo da rendere efficientissima la capacità di iniettare nel predatore le particolari sostanze urticanti presenti al loro interno (acido formico, acetilcolina, istamina e altre sostanze in minor quantità).
Il pelo presenta alla base un rigonfiamento a bulbo, contenente il nucleo, e una punta chiusa da un bottone sferico (ben visibile al microscopio). Il bulbo è contenuto in una struttura basale a forma di calice, formata da cellule epidermiche, anch'esse ben visibili al microscopio. Verso la punta le pareti del pelo sono ricche di silicati che la rendono fragile come il vetro; invece verso la parte bassa sono ricche di carbonato di calcio. In questo modo il pelo risulta rigido ma fragile. Al contrario, il bulbo non possiede incrostazioni e, quindi, ha una parete elastica che si può comprimere. Il bottone apicale non è centrato all'estremità del pelo ma fissato in modo obliquo, in corrispondenza di una rientranza.
Quando viene toccata la punta, l'intero pelo si piega, il bulbo si comprime e il bottone apicale si rompe distaccandosi dalla punta. Poiché il bottone è fissato obliquamente, quando si stacca rimane una punta silicea obliqua, simile alla punta di un ago ipodermico. Il bulbo, compresso, spinge il liquido urticante verso la punta che, essendo sottilissima (microscopica) e affilatissima, penetra facilmente nel corpo del predatore, iniettandovi il liquido.
Strumentazione utilizzata
Per le macrofotografie ho fatto ricorso all'obiettivo fotografico Canon FD 50 mm f/1.8 su tubi di prolunga, in luce ambiente (naturale).
Obiettivo Canon FD 50 mm f/1.8 con adattatore FD/EF e tubi di prolunga.
Per le macrofotografie estreme ho impiegato l'obiettivo da microscopio Motic Achromatic Super Contrast 4X/0.10, su adattatore e tubo di prolunga (autocostruiti), in luce ambiente (naturale).
Obiettivo Motic 4x/0.10 - 160/0.17 - attacco RMS, su adattatore autocostruito e tubo di prolunga.
Reflex Canon EOS 5D Mark II , telecomando wireless e slitta micrometrica.
Per le fotomicrografie ho utilizzato il microscopio biologico trinoculare Motic B3 Professional Series, equipaggiato con obiettivi Motic Achromatic Super Contrast 4X/0.10, Motic Achromatic Super Contrast 10X/0.25, Motic Plan Achromatic 20X/0.40. Date le dimensioni dei peli urticanti, ho ritenuto superfluo l'impiego di obiettivi più potenti come il 40X e il 100X. Inoltre come oculare di proiezione ho usato il Motic WF 10X/20 mm.
Per finire, il microscopio dispone di un condensatore di Abbe e ho fatto ricorso all'illuminazione in campo chiaro (secondo Kohler), all'illuminazione in campo scuro in luce riflessa e all'illuminazione obliqua, in luce trasmessa e/o riflessa.
In quest'altro articolo trovi una descrizione completa della mia attrezzatura per fotomicrografia. Invece qui un articolo sulle tecniche di illuminazione che uso in fotomicrografia.
Postazione autocostruita per fotomicrografia. Microscopio Motic B3-223 ASC, Reflex Canon EOS 5D Mark II.
Uno scorcio del laboratorio di microscopia.
Fotografie e loro descrizione
Voglio procedere con ordine, riproponendo le fotografie contenute nella tesina.
Le prime sono tre fotomicrografie. La prima fotografia riprende un pelo urticante a 40 ingrandimenti:
Si tratta di una fotomicrografia per la quale ho usato l'illuminazione obliqua, luce riflessa e luce trasmessa contemporaneamente. Obiettivo 4X e oculare 10X. La fotografia è il risultato di un focus stacking di 10 immagini.
Ai lati del microscopio ho sistemato due faretti spot, a LED, sostenuti da sostegni per chimica (anch'essi autocostruiti). I faretti sono orientabili e molto luminosi. Alla reflex è collegato un monitor da campo da 7 pollici (la recensione a questo link) che facilita le operazioni di composizione e messa a fuoco.
La seconda fotografia riprende lo stesso pelo urticante, leggermente ruotato, a 100X. La ripresa consente di vedere meglio il bottone apicale. Obiettivo 10X e oculare 10X. Illuminazione obliqua in luce trasmessa. L'immagine è il risultato di un focus stacking di 4 fotografie.
La terza fotografia illustra la punta di un pelo urticante a 200X. La punta è rotta, manca il bottone apicale, ed è fuoriuscita una goccia di liquido urticante. Obiettivo 20X e oculare 10X. Focus stacking di 4 immagini. Luce riflessa, sfondo scuro.
A parte l'obiettivo, il setup è identico alla prima fotomicrografia ma sono accesi solo i faretti spot. Il condensatore è tutto abbassato per evitare che la lente superiore rifletta la luce dei faretti.
Adesso veniamo alle altre fotografie. Si tratta di 4 macrofotografie realizzate con l'obiettivo Canon FD 50 mm f/1.8, montato su anello adattatore FD/EF e tubi di prolunga. Rapporto di riproduzione circa 1:1 (siamo nel campo della macro propriamente detta).
La prima fotografia ritrae un bocciolo di Borragine e il suo peduncolo e serve a dimostrare come nella Borragine la distribuzione dei peli sia casuale. Le altre fotografie ritraggono i peli di Ortica in varie parti della pianta (foglia, picciuoli delle foglie, peduncoli dei fiori, fusto).
L'ultima fotografia rientra nel campo della macrofotografia estrema. Il rapporto di riproduzione è di circa 4.5:1 (l'immagine sul sensore è quasi cinque volte più grande della realtà) ed è stato raggiunto con l'obiettivo 4X del microscopio, montato su adattatore autocostruito e tubo di prolunga. Ho montato la reflex su una slitta micrometrica.
Alcuni appunti di macrofotografia
Con rapporti di riproduzione spinti (1:1 o superiori) è praticamente impossibile focheggiare con la ghiera dell'obiettivo. Con l'obiettivo del microscopio è assolutamente impossibile. Il motivo è dovuto al fatto che la distanza tra soggetto e obiettivo è molto più piccola di quella che c'è tra obiettivo e sensore. In questi casi si opera avvicinando o allontanando dal soggetto tutto il sistema reflex-obiettivo. A tal fine si utilizzano apposite slitte micrometriche montate tra reflex e treppiede. Con la slitta si può muovere con estrema precisione tutto il sistema di ripresa. Con questi rapporti di riproduzione, inoltre, la profondità di campo è davvero molto limitata. Con la slitta micrometrica si può applicare la tecnica del focus stacking per effettuare tante riprese con messa a fuoco differente, da sommare poi con software adeguati, così da avere un'immagine risultante in cui tutto il soggetto è a fuoco.
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