Etna
Emozioni tra i paesaggi
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Non so che cosa mi abbia spinto ad intraprendere una serie di escursioni sull’Etna. Forse il desiderio di riscoprire “nuovi” paesaggi o forse, più semplicemente, la voglia di cambiare aria!
Detto fatto! Se mi metto in testa una cosa, potete starne certi, la faccio...
Si era alla fine di Giugno. Avevo già fatto alcune brevi escursioni sui sentieri del Parco. Tuttavia la vera natura del vulcano la sentivo ancora lontana.
Quindi avvertivo la necessità di conoscere la Montagna in maniera più intima e di effettuare alcune escursioni, anche in solitaria, alla ricerca di paesaggi da riprendere poi, nei periodi più adatti. In particolare sentivo la necessità di conoscere meglio il versante nord del vulcano.
Organizzazione dell’escursione.
Avevo bisogno di osservare e riflettere, fare scatti di prova, immaginare condizioni di luce diverse, camminare, camminare, camminare...
Si: camminare molto, fin dove necessario e senza orari da rispettare!
Quando fotografo mi piace fare le cose nel modo giusto. Ritengo che prima di fotografare un paesaggio sia utile farne la conoscenza, scoprirne le caratteristiche, sia quelle più evidenti sia quelle più intime. Questo è il mio approccio ai paesaggi!
Decisi, quindi, di partire da solo per non penalizzare e tediare eventuali compagni con le mie frequenti fermate o le mie elucubrazioni mentali!
Ma dove andare? L’Etna è ovunque semplicemente meravigliosa, quindi non è facile decidere quale sentiero percorrere. Decisi di evitare le domeniche, forse troppo affollate, e di andare di sabato. Destinazione Piano Provenzana, punto di partenza per diversi sentieri che si snodano sul versante nord. Nella settimana precedente avevo fatto numerose scorribande sui siti internet, avevo letto e analizzato le immagini di Google Earth e del Geoportale Nazionale, tavolette IGM 25.000, carte dei sentieri del Parco, libri e guide. Alla fine avevo scelto il sentiero “Monte Nero - Rifugio Timpa Rossa”, tutto sommato facilissimo!
Che cosa portare? Certamente tutta l’attrezzatura fotografica, in realtà ben poca roba:
- reflex Canon EOS 5D Mark II;
- obiettivo Canon EF 24-105 mm f/4 L IS USM;
- obiettivo Canon EF 200 mm f/2.8 L II USM;
- treppiede Manfrotto 190 XPROB con testa Manfrotto a tre movimenti 804 RC2;
- batteria di scorta.
Nello zaino infilai anche pranzo e cena a sacco, caramelle energetiche, integratori salini, acqua, torcia a led ad alta luminosità con batteria di scorta, lampada frontale (se necessario sarei rimasto fin dopo il tramonto), cartina dell’Etna e bussola, registratore tascabile per gli appunti, piccole cose di pronto soccorso (cerotti, etc.).
Peso complessivo sulle spalle: 10 kg, tutto sommato accettabile.
Fondamentali gli scarponcini da trekking e i pantaloni lunghi (proteggono da tagli e abrasioni); consigliati i bastoncini da trekking (aiutano nelle salite e nelle discese più ripide).
Dimenticavo: sarei partito con tutta calma, niente mattinate! Contavo di arrivare a Piano Provenzana intorno a mezzogiorno, così da sfruttare per l’escursione per lo più il pomeriggio.
Prima della partenza lasciai a mia moglie una cartina dell’Etna su cui avevo evidenziato la zona dell’escursione. Inoltre le spiegai più o meno dettagliatamente il percorso che avrei cercato di seguire. Quando si fanno escursioni, anche quelle apparentemente più facili e banali, soprattutto se in solitaria, è importante informare altre persone e dire loro dove si andrà!
Chi mi conosce sa che cosa penso delle autostrade!
Decisi di percorrere i tratti di autostrada strettamente necessari (Siracusa-Catania e Tangenziale di Catania) imboccai l’uscita per Etna Sud e mi avventurai attraverso i paesi e le frazioni alle pendici del Vulcano: Gravina di Catania, Mascalucia, Massa Annunziata, Pedara, Trecastagni, Fleri, Poggiofelice, Sarro, Zafferana Etnea, Milo e Fornazzo. A Fornazzo imboccai la strada Mareneve, che conduce a Piano Provenzana. Sono un folle? Forse avete ragione! Avrei potuto continuare lungo la tangenziale, proseguire sull’autostrada Catania-Messina, uscire per Piedimonte Etneo, raggiungere Linguaglossa e salire a Piano Provenzana!
Ma io preferisco godermi il paesaggio e i suoi colori, attraversare graziosi paesini, andare a bassa velocità in barba alla vita frenetica che viviamo ogni giorno!
Il silenzio è tra le cose che mi sono rimaste impresse maggiormente nella memoria. Da mezzogiorno fin quasi al tramonto sono rimasto da solo nei dintorni di Monte Nero, uno dei tanti coni vulcanici che costellano le pendici dell’Etna. Nessun rumore, solo il ronzio delle api intorno ai cuscini fioriti della Saponaria dell’Etna, il tenue sibilo di una leggerissima brezza e il suono quasi metallico o vitreo delle scorie e dei lapilli calpestati.
Dai circa 1900-2000 metri di quota ho goduto di un panorama spettacolare sui Monti Peloritani e sulle cime dei Nebrodi, sul Mar Jonio, Taormina e Castelmola, la Rocca di Novara, etc.
Ma soprattutto mi sono rimasti impressi i paesaggi dell’Etna. I colori sono fantastici: il verde delle chiome degli alberi, il nero delle colate laviche recenti e il grigio di quelle più vecchie, il rosso di molte rocce e il nero delle distese di cenere e sabbia vulcanica, i molteplici colori dei cuscini di piante pioniere e l’azzurro del cielo interrotto dal bianco delle nuvole (quel giorno poche!). In certe zone il bianco degli alberi bruciati dal calore delle colate si staglia sul nero delle scorie che, altissime, si ergono sui pianori come barriere invalicabili.
La zona di Monte Nero (ma il colore del monte è tutt’altro che nero!) è conosciuta per la presenza di numerose fratture eruttive che hanno dato luogo, anche di recente, alla nascita di numerosi conetti di scorie allineati a formare le cosiddette “bottoniere”. Ancora oggi si possono osservare i condotti eruttivi (voragini e grotte), le fessure e gli ingrottamenti entro cui un tempo scorreva il magma.
Una caratteristica interessantissima di questi conetti sono i colori delle pareti interne o delle pendici esterne. La colorazione predominante delle rocce è scura, il nero misto al grigio e al marrone-rosso, ma qua e là appaiono sfumature di giallo e di verde. Certe volte il verde e il giallo sono dati dai licheni e dai muschi, altre volte sono le rocce stesse ad avere assunto questi colori per via dei minerali in esse presenti.
Dalle alture più elevate si possono ammirare queste bottoniere, parallele, dritte e lunghissime: sequenze di rilievi e coni con andamento grossomodo nord/sud, in mezzo alle quali si osservano residui di boschi i cui alberi sono stati risparmiati dalla furia distruttiva del Vulcano.
Le nere distese di ceneri, sabbie e lapilli sono cosparse di cespugli e cuscini vegetali: si tratta di piante pioniere, capaci di colonizzare i suoli vulcanici e preparare il terreno per altre specie vegetali. E’ bello e commovente vedere che al fianco di pini carbonizzati stanno crescendo piccoli esemplari di esili pini verdi.
Sull’Etna gli scempi maggiori non sono fatti dalla natura ma dall’uomo. Sulle colate laviche, dopo che le eruzioni hanno cancellato interi boschi, è facile vedere crescere giovani alberi: rientra nei cicli di vita e morte della natura. Sull’asfalto dei piazzali, sugli sterrati che servono a portare turisti fin sulla cima del Vulcano, tra il cemento e gli impianti di risalita, non vedremo mai spuntare un giovane albero: l’uomo non permetterebbe mai alla natura di riprendersi i suoi spazi.
Il piazzale di Piano Provenzana, sul versante nord, come quello del Rifugio Sapienza, sul versante sud, rappresentano due monumenti alla barbarie umana. L’uomo non ha avuto nemmeno il buon senso di estirpare i ruderi delle sue costruzioni distrutte dalle eruzioni, ha ricostruito lasciando il vecchio. A testimonianza di che cosa? Si tratta di spazzatura, niente di più!
I mezzi che portano i turisti fin nelle zone più alte del Vulcano sfrecciano anche quando passano vicino agli escursionisti a piedi, incuranti delle nuvole di polvere che sollevano, quasi a voler dimostrare che loro sono i veri padroni della Montagna!
Grazie al cielo i sentieri naturalistici sono ancora lontani dagli sterrati e si snodano su territori ancora incontaminati, dove il fotografo paesaggista può trovare scorci da immortalare. Sulle alture e sui pianori ho passato diverse ore a contemplare quegli spazi, quegli orizzonti sconfinati. Seduto sulle scorie vulcaniche, in armonia con l’ambiente circostante, mi sono reso conto delle potenzialità fotografiche di quelle zone. Sdraiato sulle distese di lapilli ho ammirato quei cieli, immaginandoli solcati da nuvole infuocate al tramonto o all’alba.
Al termine della giornata, mentre il sole scendeva dietro il Mar Tirreno, al di là dell’Etna, oltre la catena dei Monti Nebrodi, lentamente ripercorrevo a ritroso il sentiero e raggiungevo il mio fuoristrada, forse l’unico veicolo rimasto sul piazzale di Piano Provenzana. Quella sera ho cenato alla luce del crepuscolo e, lentamente, mi sono rimesso in cammino per ritornare a casa, con la scheda di memoria piena di foto e il cuore pieno di progetti fotografici per il futuro.
Note tecniche:
Siamo sul versante Nord-orientale del Vulcano attivo più alto d'Europa! Il versante si raggiunge agevolmente percorrendo la strada "Mareneve", da Linguaglossa (versante Nord) oppure da Zafferana-Milo-Fornazzo (versante Est). Il punto di arrivo è Piano Provenzana (ristoranti, negozi di souvenir, attrezzature per sport invernali, impianti di risalita).
Lasciata l'auto in uno dei parcheggi di Piano Provenzana (a pagamento), si imbocca lo sterrato utilizzato dai mezzi che portano i turisti fino a una quota di circa 2800 m s.l.m. dove vi è l'osservatorio vulcanologico (Pizzi Deneri). Imboccato questo sterrato (quota 1800 m s.l.m. circa) si sale percorrendo un chilometro circa, fino all'imbocco di un sentiero sulla destra (quota 1900 m s.l.m. circa). All'inizio del sentiero vi è una tabella che indica la direzione per Monte Nero - Rifugio Timpa Rossa. Il sentiero si snoda tra recenti colate laviche. Sotto gli scarponi i lapilli risuonano con suono metallico. Si arriva su un pianoro, al cospetto di Monte Nero. Da qui si può girare intorno al Monte, esplorare le bottoniere, affacciarsi sull'Abisso di Monte Nero, girovagare in un mondo "lunare" e, ovviamente, fotografare, fotografare e ancora fotografare!
L'escursione, tutto sommato, è facile. Le uniche difficoltà si possono incontrare nel fare le salite con l'attrezzatura fotografica in spalla. Fare attenzione alle taglienti rocce vulcaniche, a volte affilate come frammenti di vetro!
Sull'Etna, lungo il sentiero oggetto di questo reportage, le occasioni fotografiche sono davvero tante e possono cambiare in base alla stagione. Provo ad elencarne qualcuna per dare solo qualche idea:
- ampi panorami, la vista può spaziare fino alla Calabria;
- pini larici, sia vivi sia uccisi dalle eruzioni;
- boschetti isolati dalle colate laviche;
- prodotti piroclastici delle eruzioni (sabbie e ceneri, lapilli, bombe vulcaniche, minuti cristalli, ecc.);
- formazioni rocciose che hanno assunto forme stranissime;
- distese di nera sabbia vulcanica, paesaggi lunari;
- voragini, crepacci, grotte di scorrimento lavico;
- piante pioniere come la Saponaria dell'Etna;
- coccinelle a sette punti, ovunque tra le rocce vulcaniche;
- coni avventizi;
- apparato centrale fumante;
- tronchi carbonizzati;
- licheni, ecc.
Ho utilizzato la seguente attrezzatura fotografica:
- Reflex Canon EOS 5D Mark II;
- Obiettivo Canon EF 24-105 mm f/4 L IS USM;
- Obiettivo Canon EF 200 mm f/2.8 L II USM;
- Treppiede Manfrotto 190XPROB;
- Testa Manfrotto 804RC2;
- Batteria di ricambio;
- Filtri di protezione.
Ho portato con me una bussola, alcune cartine topografiche, un piccolo ed essenziali kit di primo soccorso, due bastoncini da trekking, un coltellino, una torcia LED, una torcia a LED frontale, acqua da bere e qualcosa da mangiare e da sgranocchiare.
Ho infilato tutto in uno zaino, al quale ho appeso treppiede e bastoncini da trekking.
E' bene ricordare che la zona rientra all'interno del perimetro del Parco dell'Etna, ne consegue che la natura è protetta e deve essere rispettata, come è giusto che sia!
SU QUESTO LAVORO
Categoria:
Storie e Reportage
Note:
Una passeggiata su uno dei vulcani più attivi del mondo, con la macchina fotografica al collo, in perfetta solitudine, emozione dopo emozione. Era il Giugno 2013, una giornata perfetta...
Nella borsa:
- Reflex Canon EOS 5D Mark II
- ObiettivoCanon EF 24-105 mm f/4 L IS USM
- ObiettivoCanon EF 200 mm f/2.8 L II USM
- Treppiede Manfrotto 190XPROB
- Testa Manfrotto 804RC2
Quando ho scritto il reportage:
Gennaio 2015
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